Microplastiche dei Vestiti, dai Pesci agli Umani

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Cosa sono le microplastiche?

Le microplastiche sono piccoli pezzi di plastica invisibili all’occhio umano senza l’ausilio di un microscopio. Nel 2004 il professor Richard Thompson ed il suo team dell’Università di Plymouth hanno presentato al mondo un vero incubo ambientale chiamato inquinamento da microplastiche, presente nei nostri mari, oceani, e sulle coste.

Il problema più grande è che le microplastiche vengono consumate dai pesci e da altre forme di vita marine.

L’allarme microplastiche dei vestiti è stato lanciato nel 2011 dall’ecologista Mark Browne presso l’Università College di Dublino, il quale scoprì che l’85% delle fibre presenti nelle acque erano materiali realizzati dall’uomo, soprattutto materiali sintetici realizzati con tessuti come il poliestere e l’acrilico.

Nel suo studio Mark Browne ha dimostrato come un solo vestito sintetico possa rilasciare fino a 1.900 microplastiche quando lavato in lavatrice.

Così le microplastiche entrano nella catena alimentare degli animali e di conseguenza di noi esseri umani che ci nutriamo di loro, con un impatto chiaramente negativo sul pianeta e sulla salute umana.

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Come si formano le microplastiche?

Le microplastiche sono presenti in tutti i vestiti sintetici realizzati con materiali derivati dal petrolio. I ricercatori dell’Università di Plymouth hanno scoperto che un carico di lavatrice di 6 kg può rilasciare oltre 700.000 microplastiche.

vari materiali plastici alla derivaLa maggior parte di queste micro-particelle, a causa delle piccole dimensioni, non vengono catturate dai filtri delle lavatrici, ne dagli impianti di trattamento delle acque reflue, quindi, gran parte delle microplastiche dei vestiti finiscono nei mari e negli oceani.

Le microplastiche derivano anche da una cattiva raccolta differenziata, poiché una parte dei rifiuti plastici di grandi dimensioni, come le classiche bottiglie di plastica, finiscono in mare e iniziano a decomporsi rilasciando in acqua le piccole particelle plastiche.

Sicuramente con un impatto ancor più devastante per il mondo marino.

La plastica è una grande piaga per il pianeta terra e tutti noi dovremmo imparare a farne a meno, soprattutto tenendo in considerazione un elemento chiave: le grandi aziende sembrano fregarsene dei danni causati da questo materiale, nel breve o nel lungo periodo.

Oltre al problema delle microplastiche, tessuti senza certificazioni tessili possono contenere metalli pesanti, formaldeide, conservanti, triclosan, anti-batterici e funghicidi. Quindi cosa fa una microfibra rilasciata nelle acque? Agisce come un taxy, consegnando queste sostanze tossiche ai nostri ambienti marini.

Microplastiche, il killer silenzioso (video)

Origine delle microplastiche

Ne abbiamo parlato proprio all’inizio di questo articolo, Mark Browne è un’ecologista della School of Biology and Environmental Sciences presso l’Università College di Dublino. Mark ha letteralmente aperto la strada della ricerca sulle microplastiche, quando ha trovato minuscole fibre sintetiche sulle coste di una spiaggia.

Il suo studio condotto nel 2011, ha rivelato che l’85% delle microfibre scoperte erano materiali di origine umana comunemente usati nell’abbigliamento: soprattutto poliestere, nylon e acrilico, i materiali più utilizzati per i nostri vestiti.

Dopo aver analizzato l’acqua di scarico dalle lavatrici domestiche, ha scoperto che un singolo vestito sintetico rilascia oltre 1.900 microplastiche con un solo lavaggio, le quali finiscono in buona parte negli oceani.

microplastiche lavatrice

Abbiamo armadi pieni di vestiti sintetici e gli impianti di trattamento delle acque non hanno filtri per le microplastiche. Quindi dove finiscono?

  • Microplastiche in mare
  • Microplastiche nei pesci
  • Microplastiche negli alimenti
  • Microplastiche nell’acqua potabile
  • Micropplastiche nelle feci umane

Poi abbiamo i classici “geni del male”, quelli che usano le microplastiche nei cosmetici e nei dentifrici. L’acqua potabile inquinata da microplastiche è certamente il male peggiore per noi esseri umani, in quanto fonte principale del lento avvelenamento a cui ci siamo auto-sottoposti da decenni:

Analisi delle microplastiche nell'acqua potabile

Microplastiche e lavatrici

Tralasciamo il fatto che utilizzando troppo spesso la lavatrice creiamo un enorme spreco di acqua e di energia. L’Italia, che detiene meno del 1% di lavatrici su scala mondiale, rilascia circa 120 kg di microplastiche ogni settimana attraverso i lavaggi domestici, per essere più chiari:

120kg di microplastiche equivalgono a 15 mila sacchetti di plastica e 6 tonnellate di microplastiche l’anno equivalgono a 720 milioni di sacchetti di plastica.

Secondo Textile World, la domanda di poliestere era di 5,2 milioni di tonnellate nel 1980, mentre nel 2014 la domanda ha raggiunto i 46,1 milioni di tonnellate e aumenta ogni anno che passa.

Il Global Fashion Agenda ed il rapporto del 2017 del Boston Consulting Group Pulse of the Fashion Industry, hanno addirittura raccomandato al settore tessile di aumentare la quantità di poliestere del 92% entro il 2030 -arrivando a 76 milioni di tonnellate- come parte di un “mix di materiali sostenibili”, ignorando totalmente il problema dell’inquinamento da microplastiche.

Microplastiche dei vestiti

Anche se non tutte le microplastiche presenti nelle acque si sono fatte strada attraverso le nostre lavatrici, la maggior parte di esse proviene proprio dalle nostre abitazioni, dai nostri vestiti.

Le microplastiche dei vestiti contribuiscono quindi ad accrescere la responsabilità dell’industria tessile nei confronti dell’inquinamento ambientale globale.

Tante microplastiche colorate Le ricerche sull’argomento sono di grande attualità, e ancora non si sono elaborate soluzioni a lungo termine, ma tutti possiamo prendere in mano la situazione con lavaggi meno frequenti, acquistando meno indumenti, prediligendo tessuti naturali certificati a basso impatto ambientale.

Anche se tutte le fibre tessili rilasciano microfibre durante i lavaggi, quelle sintetiche vengono chiamate microplastiche, mentre le altre sono per lo più microfibre biodegradabili.

Microplastiche delle fibre sintetiche

Le fibre sintetiche sono quelle create dall’uomo in laboratorio partendo da materiali di origine petrolifera; a differenza delle fibre naturali che, come suggerisce il nome, derivano da risorse naturali.

I vestiti sintetici sono popolari nell’industria della moda, poiché ampiamente disponibili, resistenti, facilmente modellabili, leggeri, ma soprattutto economici. Facciamo solo una breve distinzione tra fibre artificiali e sintetiche, poiché è importante comprendere le differenze tra tessuti:

  • Le fibre artificiali (cellulosiche) comprendono varie forme di viscosa o rayon. Di solito derivano dalla polpa di legno, da vegetali, dal cotone. Vengono chiamate anche “fibre semi-sintetiche”, poiché create artificialmente in laboratorio, ma utilizzando una materia prima di origine naturale.
  • Le fibre sintetiche sono invece realizzate con il petrolio, create sempre dall’uomo in laboratorio e talvolta chiamate fibre plastiche: poliestere, nylon, acrilico, pile, elastane, acetato, ecc.

Sia le fibre sintetiche che le fibre artificiali sono presenti nelle profondità marine, ed è davvero rassicurante sapere che i pesci di cui spesso ci nutriamo consumano nylon e rayon, non credete anche voi? Almeno fanno compagnia al mercurio.

Gruppi di scienziati lavorano da anni su materiali plastici chiamati BioPlastiche, le quali vengono realizzate con materie prime organiche e quindi risultano biodegradabili o quantomeno compostabili, e questa potrebbe essere una delle soluzioni per arginare il problema microplastiche.

Microfibre delle fibre artificiali vs microplastiche

Va sottolineato che i tessuti artificiali derivati ​​dalla cellulosa come bamboo, modal, lyocell, orange fiber, sono comunemente definiti “sostenibili” o “eco-friendly”, ma potrebbero avere impatti simili alle fibre sintetiche sull’ambiente.

Come le fibre sintetiche, anche quelle artificiali persistono più a lungo di quelle naturali (cioè si biodegradano più lentamente) e molto spesso anche queste sono cariche di sostanze chimiche che vengono liberate nelle acque ad ogni lavaggio dei nostri vestiti.

Chi segue il nostro blog potrebbe pensare “ma come?! sponsorizzate tanto questi tessuti artificiali come ecologici e fanno gli stessi danni delle fibre sintetiche?” non abbiamo dubbi a riguardo: qualsiasi tessuto per quanto ecologico libera microfibre durante il lavaggio, ma la “sostenibilità” non è semplice come sembra, ci sono tanti livelli da analizzare.

La ricerca scientifica sull’inquinamento da microfribre (diverso da quello delle microplastiche) è appena iniziata, quindi l’impatto ambientale “reale” deve essere ancora testato e pienamente compreso. La scienza è efficace, ma spesso lenta nel trarre conclusioni, soprattutto se non ci sono i fondi necessari, o hai delle multinazionali che ti puntano una “pistola”.

Microfibre delle fibre naturali vs microplastiche

Le fibre tessili naturali come lana, lino, canapa, juta, ramia, cachemire, seta, sisal, kenaf e cotone, tutte presenti nell’ambiente marino, non sono ritenute pericolose per l’ecosistema, i pesci, e la vita marina in generale, poiché queste microfibre sono facilmente biodegradabili a differenza delle microplastiche.

Quindi i tessuti naturali hanno un impatto positivo sul pianeta? Assolutamente no. Magari si biodegradano più facilmente, ma resta il fatto che una fibra naturale non certificata ha un impatto ambientale devastante ed è ugualmente carica di sostanze tossiche che vengono rilasciate nelle acque.

L’acquisto di indumenti realizzati con fibre naturali di origine biologica, come cotone biologico e lana biologica, è il miglior modo di agire nella lotta all’inquinamento da microplastiche, ma questo non è sempre possibile o addirittura è considerato irrealistico.

Pensiamo ai costumi da bagno, abbigliamento da palestra, abbigliamento tecnico (alpinismo ecc), tutti indumenti realizzati con tante varietà di fibre sintetiche.

In questi casi, dove l’unica alternativa è il tessuto sintetico, il consiglio che possiamo dare è quello di mirare ad acquistare il prodotto più ecologico ed etico in commercio, e solitamente parliamo di fibre sintetiche riciclate come Econyl e Newlife, che quantomeno possono darci la garanzia di essere prive di sostanze chimiche pericolose.

Microplastiche e microfibre trovate nei laghi alpini

A questo punto, un minimo di riflessione e di consapevolezza diventano d’obbligo.

Nell’Alta Engadina (territorio ricco di boschi e montagne: Saint Moritz vi dice qualcosa?), nella meravigliosa e lussureggiante Svizzera, le analisi delle acque dei laghi stanno portando a risultati decisamente preoccupanti.

Le acque analizzate sono infatti “ricche” di particelle di derivazione tessile: fibre tessili, trasportate anche dall’aria, stanno negativamente arricchendo questi luoghi paradisiaci.

La plastica si sta dunque impadronendo anche dell’alta montagna, e si tratta sicuramente di una situazione che deve far riflettere molto velocemente.

I residui che rimangono nei filtri utilizzati per le analisi sono: fibre tessili varie, polietilene, PET e altre plastiche.

Le analisi stanno ora continuando, proprio per cercare di capire fino a che punto, i laghi alpini (che tutti noi pensiamo quasi impossibili da inquinare) stanno vivendo il dramma di mari e oceani.

E’ interessante notare come, anche da analisi compiute nelle zone nevose (sempre in Engadina), si stiano rilevando frammenti di plastiche varie e fibre tessili.

L’inquinamento dei laghi alpini inizia subito dal livello superficiale dell’acqua.

Le microplastiche, invisibili a occhio nudo, stanno ormai invadendo qualunque ambiente naturale: ovunque l’uomo occupa il territorio, inizia la fase di contaminazione.

E’ importante notare come, non si stia parlando semplicemente di materiali fibrosi di origine sintetica ma anche di residui di cotone e lana (non dimentichiamoci, prima di commentare con il solito “ma il cotone e la lana sono naturali”, che si tratta di elementi tessili tinti con sostanze di sintesi e, quindi, inquinanti).

E’ fondamentale intervenire al più presto con sistemi di lavaggi domestici più adeguati, più consapevolezza da parte di tutti i consumatori e, ahimè, leggi più severe (la sostenibilità è anche legislativa).

Come ridurre o eliminare il problema delle microplastiche in casa?

Dal momento che gli impianti di trattamento delle acque reflue non sono sufficienti a trattenere le microplastiche dei vestiti e fermare la produzione mondiale di fibre sintetiche non è plausibile, che altro si può fare per minimizzare il rischio di inquinamento marino da microplastiche?

I sacchi da lavatrice sono una buona soluzione: questi sacchi dovrebbero essere utilizzati anche per tutti i tessuti, non solo per quelli sintetici: secondo alcuni studi sono in grado di ridurre dell’ 85% le microplastiche nell’acqua quando usati.

Un sacco da lavatrice dura 6-10 volte più di un normale tessuto e, per capirci, se il nylon dura 100 anni, il monofilamento dovrebbe durare almeno 600 anni. Sono sacchi tecnici progettati per filtrare, senza disperdere in acqua, microfibre e microplastiche.

In risposta a questo problema ambientale l’azienda tedesca di nome Guppyfriend ha sviluppato un sacco per il bucato dichiarando che questo può catturare il 99% delle microfibre, ed è possibile acquistare questa borsa sulla pagina Facebook di Guppyfriend.

Oltre ai sacchi da lavatrice, dopo una campagna Kickstarter finanziata con successo, la pallina da bucato (o washingball) Cora Ball è entrata in produzione ed è ora disponibile all’acquisto.

Sacchi e palline per il bucato sono ovviamente soluzioni a breve termine, ma qual’è la migliore soluzione a lungo termine?

Le conseguenze delle microplastiche sul pianeta e sulla salute umana sono ancora da definire, sappiamo solo che mangiare plastica non fa bene, ma restiamo in attesa di ulteriori studi scientifici sull’argomento.

Consigliamo a tutti i nostri lettori di vivere sostenibile e con la coscienza pulita, applicando piccoli accorgimenti nella nostra vita domestica:

  1. Evita l’acquisto di indumenti in fibre sintetiche per ridurre al minimo la quantità di microplastiche che entrano in mare attraverso le nostre lavatrici.
  2. Prediligi l’acquisto di abbigliamento biologico in fibre naturali.
  3. Assicurati di mettere indumenti sintetici come leggings, bikini e reggiseni in sacchetti a filtro, o di mettere delle Wash Ball nella lavatrice per catturare le microplastiche.
  4. Allo stesso modo, se possiedi tessuti artificiali come bamboo, modal, lyocell, ecc, dovresti applicare le stesse soluzioni fino alla pubblicazione di una ricerca scientifica conclusiva.
  5. Cerca di ridurre al minimo il lavaggio degli indumenti sintetici e usa un ciclo più delicato. Tieni sempre a mente che più di 700 mila microfibre possono essere rilasciate con una lavatrice da 6kg.
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