L’industria della Moda e il suo Percorso Verso la Sostenibilità

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L’industria della Moda

Al ritmo di crescita attuale, entro il 2030 l’industria della moda avrà un valore di 3,3 trilioni di dollari e produrrà circa 100 milioni di tonnellate di vestiti e scarpe ogni anno. Per confronto, questo è il peso equivalente a mezzo milione di balene blu.

Se nulla cambierà questi numeri, il nostro pianeta potrebbe andare incontro ad una grave catastrofe climatica intorno all’anno 2040: le regioni costiere verranno sommerse dall’acqua, cibo e acqua potabile scarseggeranno, le barriere coralline verranno distrutte.

Queste aspettative catastrofiche sono ormai argomento quotidiano: c’è chi afferma che abbiamo 50 anni di tempo, chi 20, addirittura qualcuno afferma che abbiamo solo 10 anni per cambiare strada. Qual è la verità?

L’unica verità è che il clima sta cambiando rapidamente, lo stiamo vivendo sulla nostra pelle anno dopo anno, cambiamenti climatici, riscaldamento globale, non sono una falsa messa in scena da parte degli ambientalisti, come qualcuno afferma.

Ma come sono collegate queste imminenti catastrofi ambientali con l’industria della moda?

L’industria della moda, valutando i numeri di alcuni report scientifici, è la seconda più inquinante al mondo. Nel 2015 il settore moda ha generato 1,2 miliardi di tonnellate di gas serra, cioè più di tutti i voli internazionali e marittimi messi insieme.

È altrettanto responsabile di 1/5 dell’inquinamento idrico globale e di 1/3 delle microplastiche presenti negli oceani. L’inquinamento ambientale causato dall’industria tessile è quindi devastante per il pianeta.

Negli ultimi anni, complice il pressing delle associazioni ambientaliste, l’industria della moda sembrava essere all’altezza della sfida lanciata: diminuire il suo impatto negativo sul pianeta, ma un altro cambiamento sconfortante, avvenuto proprio nel 2019, sembra rallentarne il “miglioramento”.

Quando la moda è sostenibile?

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Report sulla sostenibilità dell’industria della moda

Questo rapporto negativo è stato redatto nel 2020 da tre aziende con esperienza nell’industria della moda, tra le quali figurano le organizzazioni no-profit Global Fashion Agenda e Sustainable Apparel Coalition, insieme alla società di consulenza Boston Consulting Group.

Sulla base del sistema di punteggio del report, l’indice Pulse, l’industria della moda è migliorata di 6 punti nel 2018, mentre ha ottenuto solo 4 punti nel 2019, una forma di regressione, un rallentamento che pochi si aspettavano. Leggi il rapporto in lingua Inglese.

Cos’è l’indice Pulse? l’indice Pulse monitora l’applicazioni di soluzioni sostenibili abbastanza veloci da controbilanciare gli impatti ambientali e sociali negativi, causati dall’industria della moda.

Indice pulse 2019 settore fashion

Anche se il rapporto è del 2019, a causa della pandemia iniziata nel 2020 al momento non abbiamo altri report utili per gli anni 2020 e 2021, ma la percezione di chi il tessile lo vive ogni giorno è che i problemi dei “grandi marchi” siano altri, e di certo la sostenibilità non viene considerata una priorità.

“Il settore sta ancora migliorando quando si parla di sostenibilità”, afferma Morten Lehmann, responsabile della sostenibilità di Global Fashion Agenda e coautore di questo rapporto. “Il problema è che il ritmo del miglioramento sta rallentando, mentre l’industria nel suo insieme sta crescendo tra il 4% e il 5% ogni anno.”

In altre parole, l’industria della moda non cambia i suoi metodi di produzione abbastanza velocemente, tanto da controbilanciare gli impatti ambientali devastanti che derivano dalla crescita della stessa industria. Un’informazione rilevante, poiché tante aziende di moda fanno notizia parlando sempre più spesso dei loro sforzi in tema di sostenibilità.

Nel 2018 Adidas si è impegnata a utilizzare solo plastica riciclata entro il 2024, mentre la Nike affermava che sarebbe passata alle energie rinnovabili entro la fine del 2019.

Il report di sostenibilità 2021 di H&M mostra che la società produce il 17.9% dei suoi prodotti da materiali riciclati e il sito web di Gap afferma che preleverà tutto il suo cotone da “fonti più sostenibili” entro il 2025.

C’è chi afferma, giustamente, che questo sia solo Green Washing (dare una pennellata di verde, a ciò che tanto verde non è). Certamente, comunicare la sostenibilità nella moda è molto più semplice che compiere azioni per attuarla davvero.

Non lasciatevi ingannare: l’industria della moda è ancora lontana dall’essere sostenibile. Infatti, il rapporto rileva che il 40% delle aziende di moda non ha nemmeno iniziato a prendere sul serio il tema della sostenibilità, fissando obiettivi o ripensando alla propria catena di fornitura.

A dimostrazione di ciò, possiamo valutare i dati offerti dalla campagna Detox My Fashion di GreenPeace, la quale ha ottenuto discreti risultati in termini di adesione, ma non abbastanza in termini di azioni concrete.

E il restante 60% delle aziende? Gran parte di queste sono Start-up innovative, piccole aziende, e aziende di medie dimensioni.

Mentre i principali attori del mercato della moda, quelli che generano miliardi di entrate ogni anno, hanno praticamente arrestato il loro impegno verso una produzione più sostenibile.

Il contributo dell’industria della moda ai cambiamenti climatici

Per mitigare i cambiamenti climatici, come da Accordo di Parigi del 2015, l’industria della moda dovrebbe ridurre le proprie emissioni di gas serra a 1,1 miliardi di tonnellate di CO2 entro il 2030. Ma i calcoli di crescita mostrano che il settore è destinato a superare di quasi il doppio il suo obiettivo, con emissioni di 2,1 miliardi di tonnellate di CO2 nel 2030 (pari a quelle del 2018), a meno che non adotti ulteriori azioni di abbattimento.

I risultati mostrano che tutti i partecipanti, in tutte le parti della catena, hanno un ruolo da svolgere nel guidare la decarbonizzazione e apportare cambiamenti reali e duraturi nel settore moda.

La moda deve accellerare l’abbattimento delle emissioni di Co2

Una delle sfide che l’industria della moda deve affrontare nel tentativo di ridurre la propria impronta di gas serra è la probabilità che il cambiamento della popolazione e dei modelli di consumo guidi la continua crescita del settore.

Un previsto aumento dei volumi potrebbe spingere le emissioni di carbonio a circa 2,7 miliardi di tonnellate metriche all’anno entro il 2030 se non vengono intraprese azioni di abbattimento immediate.

Tuttavia, se l’industria della moda continuerà ad abbracciare le iniziative di decarbonizzazione al ritmo attuale, entro il 2030 limiterà le emissioni a circa 2,1 miliardi di tonnellate metriche all’anno, più o meno le stesse di oggi.

Emissioni Co2 settore moda

Eppure, anche con questi sforzi, le emissioni raggiungerebbero quasi il doppio del livello massimo che consentirebbe all’industria della moda di rispettare l’Accordo di Parigi del 2015.

Per raggiungere l’obiettivo, l’industria della moda dovrebbe intensificare le sue azioni di abbattimento e aumentare gli sforzi di decarbonizzazione esistenti per ridurre le emissioni annuali a circa 1,1 miliardi di tonnellate nel 2030, circa la metà della cifra odierna.

Circa il 60% dell’ulteriore riduzione delle emissioni in questo scenario di abbattimento accelerato potrebbe essere ottenuto nelle operazioni a monte, attraverso iniziative come miglioramenti dell’efficienza energetica e una transizione verso le energie rinnovabili.

Un altro 18% delle emissioni potrebbe essere risparmiato attraverso miglioramenti operativi dei marchi di moda e un ulteriore 21% attraverso cambiamenti nel comportamento dei consumatori.

Insieme, questi sforzi potrebbero rimodellare il panorama della moda, rendendola più sostenibile.

La buona notizia per l’industria della moda è che molte delle azioni necessarie per l’abbattimento accelerato possono essere realizzate a costi modesti. Quasi il 90% delle misure che abbiamo identificato costerebbero meno di 50 euro per tonnellata di emissioni di gas serra. Inoltre, circa il 55% delle misure porterebbe a risparmi netti sui costi, per l’intero settore.

Le restanti azioni richiederebbero incentivi per modellare la domanda dei consumatori o regolamenti per fornire un abbattimento di emissioni. Sarebbe necessario un capitale iniziale per finanziare il 60% delle misure di abbattimento delle emissioni.

Marchi e rivenditori devono accettare l’invito a collaborare con altri facenti parte della catena, investendo di comune accordo per ottenere benefici sociali e ambientali a lungo termine. Questi non solo possono apportare cambiamenti alle proprie operazioni, ma possono anche supportare gli sforzi di decarbonizzazione in altre parti del settore, aiutando i consumatori a compiere scelte di acquisto più sostenibili.

Priorità dell’industria della moda per abbattere le emissioni di Co2

L’analisi ha individuato la necessità di un’azione concertata in tre aree chiave:

  1. Riduzione delle emissioni delle operazioni “a monte”. I produttori di fibre e di indumenti potrebbero fornire il 61% dell’abbattimento accelerato che abbiamo identificato, decarbonizzando la produzione e la lavorazione dei materiali, riducendo al minimo la produzione e gli sprechi di produzione e decarbonizzando la produzione di indumenti. I miglioramenti nell’efficienza energetica e la transizione dai combustibili fossili alle fonti di energia rinnovabile potrebbero portare a circa 1 miliardo di tonnellate di abbattimento delle emissioni entro il 2030.
  2. Ridurre le emissioni delle attività proprie dei marchi. I principali contributi che i marchi potrebbero dare all’abbattimento delle emissioni sono il miglioramento del mix di materiali (ad esempio, attraverso un maggiore utilizzo di fibre riciclate), l’aumento dell’uso di trasporti sostenibili, il miglioramento dei loro imballaggi (con materiali riciclati e più leggeri), la decarbonizzazione delle attività di vendita al dettaglio, minimizzare i resi e ridurre la sovrapproduzione (solo il 60% dei capi viene attualmente venduto senza i saldi). Se i marchi seguissero le misure che abbiamo identificato, potrebbero abbattere le emissioni di circa 308 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2030.
  3. Incoraggiare un comportamento sostenibile nei consumatori. L’adozione di un approccio più consapevole al consumo della moda, i cambiamenti nel comportamento dei consumatori durante l’uso e il riutilizzo e l’introduzione da parte dei marchi di modelli di business radicalmente nuovi potrebbero contribuire a 347 milioni di tonnellate di abbattimento delle emissioni entro il 2030. Le leve principali di questo sforzo sono un aumento dei modelli di business circolari che promuovono il noleggio, la rivendita, la riparazione e il rinnovo di indumenti; una riduzione del lavaggio e dell’asciugatura; e un aumento del riciclaggio e della raccolta per ridurre i rifiuti in discarica e spostare l’industria verso un modello operativo basato sul riciclaggio a circuito chiuso.

Anche i responsabili politici e gli investitori hanno un ruolo importante da svolgere in questi sforzi.

I governi e le autorità di regolamentazione dovrebbero promuovere pratiche sostenibili e un consumo consapevole e fornire incentivi per sostenere misure di decarbonizzazione con un elevato potenziale di abbattimento.

Gli investitori possono dare il loro contributo incoraggiando iniziative di decarbonizzazione, trasparenza delle emissioni e innovazione incentrata sulla sostenibilità tra le società.

Gli impegni di cui l’industria della moda deve farsi carico

L‘accelerazione dell’abbattimento delle emissioni dell’industria della moda, attraverso le azioni identificate in questa analisi, richiede impegni coraggiosi da parte delle parti interessate lungo tutta la catena del valore.

Questi impegni devono essere supportati da azioni altrettanto audaci, maggiore trasparenza, maggiore collaborazione e investimenti congiunti.

Dopo il 2030, la sfida diventerà ancora più grande. Per rimanere sul percorso “sostenibile” la moda dovrà andare oltre l’abbattimento accelerato previsto nella nostra analisi e dispiegare tutta la sua ingegnosità e creatività per “disaccoppiare” la creazione di valore dalla crescita dei volumi.

Il report su cui si basa questo articolo fa parte di una partnership pluriennale di conoscenza strategica tra la Global Fashion Agenda e McKinsey & Company.

La partnership mira a presentare ricerche e una base di dati sulle priorità degli amministratori delegati e a guidare e mobilitare gli attori del settore nell’intraprendere azioni coraggiose sulla sostenibilità.

Scarica il report completo

L’industria della moda deve Condividere

Secondo Lehmann, l’industria della moda può andare avanti solo se le grandi aziende iniziano a lavorare insieme per condividere soluzioni.

Ci sono grandi sfide infrastrutturali che queste industria deve affrontare, come la costruzione di impianti di riciclo per vestiti, scarpe, borse, lo sviluppo di nuovi materiali più sostenibili, l’applicazione di una moderna tecnologia per rendere la catena di approvvigionamento meno dispendiosa e più efficiente.

L’innovazione tessile deve essere condivisa, i grandi marchi non dovrebbero più andare avanti per conto proprio, almeno quando si tratta di argomenti così delicati.

Alcune aziende si sforzano per una collaborazione più aperta, ma solo tra marchi più piccoli, le cose si muoveranno molto più velocemente solo se anche le grandi aziende lavoreranno insieme.

“Oggi, le aziende di moda sembrano aver raggiunto il limite di ciò che possono ottenere da sole”, afferma Lehmann. “Abbiamo bisogno di un nuovo paradigma in cui i marchi lavorino insieme per condividere le soluzioni, altrimenti, le cose non miglioreranno abbastanza velocemente per evitare il disastro

Allbirds, ad esempio, ha lavorato in simbiosi con una società petrolchimica Brasiliana per sviluppare un materiale sostenibile alternativo alla plastica derivato dalla canna da zucchero.

La cosa interessante, è che le stesse aziende hanno reso lo studio Open Source: altri marchi di moda possono tranquillamente utilizzare o addirittura migliorare questo materiale.

Everlane, ha lavorato per eliminare la plastica vergine dalla sua catena di fornitori (inclusi imballaggi e materiali per uffici), un processo che richiede tempo e strategia per trovare nuovi fornitori.

Il CEO di Everlane, Michael Preysman, afferma di essere desideroso di aiutare altri marchi di moda a migliorare le proprie catene di approvvigionamento e alcune start-up, come il marchio di infradito Hari Mari, hanno accolto con entusiasmo questa offerta.

Ma nel grande schema delle cose questi sono solo piccoli passi. Per risolvere una crisi globale così grande l’industria della moda deve imparare a condividere le idee, implementando soluzioni in modo più ampio e più veloce.

I consumatori possono cambiare l’industria della moda

Il rapporto sottolinea che, al fine di realizzare il cambiamento di cui abbiamo bisogno, le pressioni devono provenire da molti fonti.

Governo e politici possono creare leggi che costringano l’industria della moda a degli standard di produzione più severi, gli investitori devono supportare solo marchi di moda etici, e i media devono continuare a richiamare l’attenzione sui problemi del settore.

Anche tu, come consumatore, hai un ruolo chiave da svolgere: alcuni marchi stanno lavorando sulla sostenibilità ambientale della loro produzione, in parte proprio grazie alla pressione dei loro clienti. Stando al rapporto, il 38% dei 3.000 consumatori intervistati afferma di poter rinunciare ai marchi di moda a cui erano legati, per acquistare prodotti più etici e sostenibili di altri marchi:

“I giovani consumatori (millennials, ma soprattutto generazione z) sono ancora più propensi a farlo, e quasi il 50% di loro cambia marchio sulla base di queste considerazioni. I consumatori stanno ‘punendo’ attivamente i marchi che non hanno pratiche eco-compatibili”, afferma Lehmann, “e la prossima generazione farà scelte ancora più sostenibili.”

Moda e inquinamento sono argomenti strettamente collegati tra loro e la preoccupazione dei consumatori sta crescendo rapidamente, soprattutto durante la pandemia.

Il rapporto ha rilevato che il 75% degli acquirenti nei cinque paesi -Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Cina e Brasile- considera la sostenibilità come “estremamente” o quantomeno “molto importante”. I ricercatori, evidenziano anche un netto aumento delle menzioni positive sulla sostenibilità legata alla moda, nei vari Social Network.

In altre parole, dobbiamo continuare a pressare l’industria della moda per ottenere risultati migliori.

Possiamo premiare i marchi che lavorano per migliorare le cose, punendo invece i marchi che non si preoccupano abbastanza del futuro del pianeta.

Ma dobbiamo comprendere che i nostri sforzi da consumatori consapevoli sono più importanti che mai, visto che ci sono buone probabilità che tu sia già preoccupato per i cambiamenti climatici.

Se ti senti impotente riguardo al futuro del pianeta, un piccolo modo per incanalare questa ansia è pensare attentamente a ciò che acquisti e da chi lo stai acquistando. Questo è un modo per convincere l’industria della moda a pensare oltre la prossima stagione.

Sappiamo che la crisi economica influisce sulla sostenibilità, visto che i prodotti ecologici costano di più, ma abbiamo sviluppato un progetto chiamato ecoFashion, un motore di ricerca gratuito dove puoi trovare brand di moda, artigiani, negozi di abbigliamento, i quali dispongono di certificazioni tessili garanti di una produzione a basso impatto ambientale.

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